martedì 15 gennaio 2013

PERCHÈ RIAPRIRE LE CHIESE DEL CENTRO STORICO DI ALTAVILLA SILENTINA?[1]


di Tiziana Rubano

Tiziana Rubano - Presidente de L'Auriga Cilento
Perché ostinarsi nel recupero di edifici antichi quando sono troppi i problemi che affliggono il paese? Marguerite Yourcenar diceva che “ri-costruire significa collaborare con il tempo nel suo aspetto di passato, coglierne lo spirito e modificarlo, protenderlo, quasi, verso un più lungo avvenire; significa scoprire sotto le pietre il segreto delle sorgenti”. Ricostruire ha dunque una valenza ben diversa da costruire.

È certo che Altavilla in qualche modo vada ri-costruita (cioè necessiti del recupero di edifici esistenti) perché è nel passato che troviamo il gancio che tiene il filo al quale dobbiamo aggrapparci per proiettarci oltre. Ricostruire quindi non solo alla luce del presente ma di un progetto futuro. Il passato radice vivificante da reinterpretare e su cui impostare un domani.[2]

Ecco allora che la valorizzazione del patrimonio culturale acquisisce un nuovo significato. Perché a volte bisogna accettare che per far rivivere un bene bisogna magari in parte cambiarne la destinazione d’uso rispettando il suo genius loci ma attualizzandolo. Dargli vigore, più interpretazioni e utilizzi senza snaturarlo. Unire l’importanza delle radici antiche alla praticità di riutilizzare il già costruito.[3]

Perché vi dico questo. Perché è impensabile riaprire le chiese del centro storico,  oggi San Biagio, domani Sant’Egidio, rivedendole unicamente come luoghi di culto. Ad Altavilla non esistono le condizioni. Una messa all’anno vorrebbe dire compromettere e sacrificarne il recupero. Allora ben venga San Biagio come location ideale per concerti o eventi di alto profilo artistico. Si può fare ancora di più.

Casi studio ne esistono molti: la Chiesa Madre di Santa Maria di Belice gravemente danneggiata dal forte sisma del 1968 che colpì la Sicilia Occidente, che oggi è diventata un Museo della Memoria oppure per rimanere in ambito religioso il Monastero Fortezza di Santo Spirito d’Ocre, oggetto di un lungo restauro che ha restituito all’abbazia “gran parte degli affreschi e la singolare essenzialità architettonica delle costruzioni monastiche cistercensi”[4] e che oggi, oltre ad essere luogo di preghiera e dunque fortemente spirituale, è destinata ad attività culturali e turistico-ricettive, in “un’ottica di riuso funzionale di contenitori storici di pregio e nella rigorosa riproposizione dell’antico utilizzo degli spazi”.[5]

Idee ce ne sono e altre ne verranno confrontandoci così come abbiamo fatto nell’ultimo periodo nel quale, come ha già detto Padre Costantino Liberti, è accaduto un miracolo, molto semplice nella sua realizzazione: abbiamo capito che per ottenere risultati duraturi dobbiamo unire i talenti, le competenze, le forze di ciascuno. E lo abbiamo capito al punto tale dall’aver voluto dare a questa unione una forma, un corpo.  

A novembre finalmente è stato formalizzato quel tavolo tecnico di lavoro che richiedeva la Soprintendenza dal primo sopralluogo del 2010 quando forse, come ha detto qualcuno, i tempi non erano maturi. Oggi tutto è diventato improvvisamente più semplice.

È questo un tavolo tecnico che nasce con l’intenzione di contribuire, avvalendosi della collaborazione della Soprintendenza che ha già delegato il funzionario di zona Filomena Mangone, alla conservazione, tutela, promozione e valorizzazione del ricco patrimonio altavillese.

È un tavolo tecnico al quale si può partecipare inoltrando richiesta al comitato già costituito, che vede già coinvolte quasi tutte le associazioni locali, le Istituzioni nella persona del sindaco e dell’assessore Perillo, il parroco che ne è presidente e dove, da una prima lettura della lista dei fondatori, emerge la presenza di diversi storici dell’arte, avvocati, architetti, esperti in conservazione dei beni ambientali e culturali, esperti in bandi europei: competenze e premesse per fare bene.

Competenze, premesse e tanta buona volontà e qui, permettetemi il paragone ambizioso, vorrei riprendere – sulla falsariga di Obama alla notizia della sua rielezione – le parole pronunciate da Kennedy il 20 gennaio del 1961: non chiedete che cosa il vostro paese può fare per voi, ma cosa voi potete fare per il vostro paese. 

Noi, come Auriga e componenti del Tavolo Tecnico vogliamo provare a fare qualcosa per questo paese molto prima di richiederne una restituzione. Perché siamo certi che dal basso nascano le buone pratiche e che per ri-costruire e tutelare il nostro paese dobbiamo non solo vestirci ma sentirci delle sentinelle. In un turno di guardia infinito.




[1] Dall’intervento di Tiziana Rubano, presidente dell’Auriga Cilento e storico dell’arte, al Convegno “Chiesa di San Biagio fra arte e tradizione” del 22 dicembre 2012 presso la Chiesa di San Biagio in Altavilla Silentina (Sa)
[2] Per l’intervento al convegno da cui è tratto il presente articolo è stata utile la lettura di (Re)design del territorio. Design e nuovo tecnologie per lo sviluppo economico dei beni culturali, a cura di Andrea Granelli e Monica Scanu, Roma, Fondazione Valore Italia, 2010.
[3] Ibidem
[4] Ibidem
[5] Ibidem

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