Prima
parte della serata “Una voce che ci eleva al cielo”. Chiesa di San Biagio -
Altavilla Silentina (Sa). 21 settembre 2013
Dopo meno di
un anno dalla riapertura della chiesa, la comunità di Altavilla, sabato 21
settembre si è ritrovata nuovamente in San Biagio per ricordare un importante
evento che ha segnato la sua storia, lo Sbarco Alleato e l’Operazione
Avalanche, e per inaugurare un prezioso bene − l’organo − che finalmente è
tornato nella sua casa, fra la sua gente, a fare quello per cui è stato
realizzato: diffondere musica in un luogo sacro.
Dopo i saluti
di Padre Costantino, del nuovo parroco Padre Antonio Razzano, del
Presidente del Consiglio Comunale Michele Ingenito e del sindaco Antonio Marra,
sulle note dell'inno nazionale cantato dai tre cori (Coro Parrocchiale, Amici
di Don Giustino, MusicaNova) uniti per l’occasione, è iniziata la Commemorazione
delle vittime del settembre 1943. Particolare il taglio che si è voluto
dare, tutto legato al ruolo che la chiesa di San Biagio ebbe in quei giorni.
Settant’anni
fa − ha ricordato Tiziana Rubano, presidente dell’Auriga e moderatrice della
serata − questi furono per tutta la Piana del Sele e in particolare per
Altavilla giorni di lutto e di violenze. Il Generale Fred. L.Walker
Comandante della 36° Divisione degli Stati Uniti scriveva: “Sono passato di
nuovo da Altavilla oggi. Le case sono distrutte, le strade sono bloccate dai
detriti, c’è ancora puzza di cadaveri. Il bombardamento di questa città, piena
di famiglie abbandonate, fu brutale e senza alcuno scopo. La popolazione è
poverissima, inconsapevole, molto religiosa; tutta immersa in un immane dolore,
con il terrore sui volti”.
Altavilla,
come ben spiegato in Quota 424, documento fondamentale per la memoria di
quegli eventi, era un punto nevralgico nell’ambito delle manovre dei belligeranti
e questo fu il motivo per il quale gli altavillesi furono costretti a pagare un
prezzo altissimo in termini di vite umane. Doveroso il ringraziamento rivolto
quindi al Colonnello Gerardo Iorio, per il suo contributo preciso e
approfondito, e al Professor Paolo Tesauro Olivieri autore di scritti
importanti sul periodo storico in questione, e non solo, la cui recente
scomparsa è stata ricordata con un lungo applauso.
Importante
lavoro di recente pubblicazione anche quello dell’Ingegner Rosario Messone: Bombe su Altavilla.
Una raccolta di testimonianze dalla quale si è partiti per sottolineare
l’importanza della chiesa di San Biagio in ogni fase dello Sbarco. Uno spaccato
ritagliato per ricordare le persone che hanno pagato con la vita la scelta di
non lasciare Altavilla e per ritrovare nel passato gli elementi fortificanti
del legame della cittadinanza con questo luogo sacro.
San Biagio, terrazza sul Mediterraneo, importante fin dai primi
giorni.
La mattina del 9 settembre mi recai alla chiesa di
San Biagio e dal sagrato vidi in mare tante navi sormontate di grossi aerostati
di sbarramento aereo. Verso Battipaglia s’innalzavano colonne di fumo e alte
fiamme. Alessandro Di Venuta.
San Biagio vero e proprio rifugio. Una
speranza di salvezza fra due Santi.
Il giorno 13 settembre del 1943 molte persone erano
rifugiate nel Succorpo di San Germano. Eravamo più di cinquanta al piano di
sotto e oltre cento nella chiesa... All’improvviso arrivò una cannonata,
sparata da una nave in mare, che colpì la casa di Giovanni Jenna la quale fu
rasa al suolo. Una scheggia di rimbalzo entrò dal finestrino del Succorpo e
andò a conficcarsi nella muratura. Un’altra scheggia più piccola danneggiò
l’altare del Santo. Noi rimanemmo illesi nonostante il grande spavento e
l’isteria generale. Occupammo quel posto fino al 19 settembre quando non udimmo
più esplosioni. Imperia Guerra.
Mi trovavo nel Succorpo della chiesa di San Biagio
con molta altra gente. Mancavano i viveri e ogni altra necessità. Per fortuna
tra noi c’era uno sfollato di nome Catena; un uomo impavido, energico che
operava per il bene di tutti e non solo per sé. Spesso usciva e portava sempre
qualcosa da mangiare. Trovava di tutto: salame, polli, pane e ogni altra grazia
di Dio. Un giorno, mentre infuriava il bombardamento, le donne presenti
riuscirono a cucinare un pentolone di fusilli, mentre Catena riuscì a trovare
un barile di vino, dei fichi secchi, del formaggio e un prosciutto trafugato
nella casa di Michelangelo; facemmo tutti festa sotto il bombardamento... Il 16
mentre stavamo nel Succorpo, portarono ferita la figlia ventenne dello sfollato
Paparella che fu curata da un medico presente tra noi... Il giorno 18 non
udendo più segni di guerra mi feci coraggio e andai a riempire un barile
d’acqua alla fontana... c’era la calma; solo la Piazza sembrava un cimitero con
i suoi morti, fili per terra, case crollate, auto incendiate e tanta gente
curiosa che vagabondava. Le vie erano bloccate dai muri crollati. Gli
americani, distribuendo viveri in piazza, iniziarono a fraternizzare con la
popolazione. Mario Camera.
San Biagio per comunicare la
liberazione
Si sparse la voce che sul campanile di San Biagio
c’era un lenzuolo bianco a significare che in paese non c’erano soldati, perciò
mi feci coraggio e decisi di ritornare di nuovo a casa. Amedeo Di
Matteo
Una volta partiti dalla piazza i tedeschi, corsero
voci che Ulderico Buonafine aveva fatto sventolare la bandiera bianca sopra il
campanile di San Biagio. Mario Di
Matteo
In quei
giorni furono tanti i gesti eroici dei civili. Se n’è voluto ricordare uno in
particolare. Di una persona speciale alla quale la maggior parte degli
altavillesi è rimasta legata da sincero affetto. Certamente figlia del suo
tempo.
Del racconto,
ripreso da un articolo di Oreste Mottola, esistono − va detto −
diverse versioni:
Nessuno ha ancora raccontato il gesto di coraggio
dell’allora parroco di Altavilla Silentina, don Domenico Di Paola. Al
culmine degli aspri combattimenti con i tedeschi, gli americani volevano fucilare
due abitanti. Arrestati e legati, dopo un processo più che sommario, furono
schierati in un angolo della piazza. Il plotone era pronto a far fuoco. La loro
colpa? Erano restati nelle loro case, non erano sfollati come tutti gli altri,
nascosti a poche decine di metri da dove un solo cecchino tedesco aveva dato
filo da torcere a molte decine di soldati Usa. Rodolfo Guarino spiaccicava
qualche parola di tedesco, mentre Antonino Gallo era un credente della Madonna
del Carmelo. Gallo non perse però la calma: s’inginocchiò e pregò a voce alta
la sua Madonna. Gli americani rimasero sorpresi e non osarono interromperlo.
Quei pochi minuti di attesa consentirono al prete di raggiungere la piazza e
reagire. Don Domenico, da cilentano sanguigno, pur senza comprendere una parola
d’inglese, seppe farsi capire ed essere convincente. I due malcapitati, grazie
al coraggio del prete, ebbero salva la vita. Nei nuovi filmati d’archivio di
Pesce si vede don Domenico parlare con i soldati americani: forse proprio durante
questa drammatica storia.
E forse
proprio Don Domenico un segno ha voluto mandare quando Padre Costantino, nei
giorni in cui ha iniziato a ragionare su una data utile per inaugurare l’organo,
riordinando in archivio si è imbattuto in un suo scritto. Risale al settembre
1944 ed è il discorso che fece ad un anno dalla tragedia. Il bisogno di
condividerlo è stato da subito forte. Da qui l’idea di far coincidere i due
appuntamenti.
Le parole di
Don Domenico sono state lette da Elda Lettieri, anticipate dai suoi ricordi
personali e supportate dalle immagini curate da Fabio Sacco e Bruno Di Venuta
dell’Auriga Cilento. Una copia della lettera, infine, è stata distribuita a
tutti i presenti.
D’accordo con
Padre Costantino l’Auriga Cilento, per continuare a lavorare sulla memoria del
paese, ha invitato la popolazione a partecipare con ricordi,
episodi, aneddoti, foto, ad una prossima pubblicazione
proprio sulla vita e il pensiero di Don Domenico Di Paola .
La prima
parte, molto intensa ed emozionante, è stata chiusa da un intervallo musicale diretto dal Maestro Alfonso Caramante e composto da Va’ Pensiero in
ricordo dei caduti, Fuga 1000 di Bach suonata da Andrea Belmonte e Vergine
degli Angeli canto tanto caro a Don Domenico.
Nessun commento:
Posta un commento